Al Museo del Novecento di Milano, per la prima volta esposti oltre 350 arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati da Aldo Rossi.

Un viaggio dentro al pensiero e alle opere del grande architetto, designer, teorico e critico, un'occasione per risvegliare in noi alcune domande verso gli spazi che viviamo e gli oggetti che usiamo.

"Sarà forse snobismo ma più giro il mondo più avverto di esserne cittadino e più torno a un senso antico delle cose". E infatti Rossi vede una città da un punto di vista storico ed è in favore di una reinvenzione dei vecchi stili architettonici per l'era moderna.

Le sue creazioni e i suoi progetti diventano racconti di ricordi, di incontri e di emozioni: secondo Rossi, è sbagliato considerare monumenti e costruzioni come essere inanimati. Ogni cosa è dotata di un’anima che vuole trasmettere un messaggio a chi osserva.

L'Allievo e l'Accademico

«Al Politecnico di Milano penso di essere stato uno dei peggiori allievi anche se oggi penso che le critiche che mi venivano rivolte sono tra i migliori complimenti che abbia mai ricevuto. Il professor Sabbioni mi dissuadeva dal fare architettura dicendomi che i miei disegni sembravano quelli dei muratori o capomastri di campagna che tiravano un sasso per indicare all’incirca dove si doveva aprire una finestra. Questa osservazione, che faceva ridere i miei compagni, mi riempiva di gioia».

Le forme semplici e lineari, denominatore comune nei suoi progetti, portano a realizzare progetti dallo stile semplice ma originale.

Primo italiano a vincere il prestigioso Pritzker Architecture Prize (1990), che corrisponde al Nobel per l’architettura. Ada Louse Huxtable, membro della giuria, lo ha definito: "un poeta prestato all'architettura".

Accademico internazionale, il suo testo L’architettura della città (1966) è un classico della letteratura architettonica.

Non esiste nella Storia dell'Architettura moderna un altro architetto che abbia scritto tanti saggi quanto Aldo Rossi. Per trovarne uno bisogna tornare fino allo Scamozzi, al Palladio o all'Alberti, che egli amava moltissimo.

Muore nel 1997, ma rimane uno degli architetti postmoderni più noti, la cui originale estetica continua ad ispirare le nuove generazioni. Nonostante fama e successo Rossi ha convissuto, fino alla fine della sua vita, con un certo senso di malinconia e di inquietudine, continuando a progettare il futuro.

Il Designer

La collaborazione con il Gruppo Molteni segna il passaggio al design industriale. Autore di modelli e arredi per il Museo di Maastricht, il Teatro Carlo Felice di Genova e la ricostruzione del Teatro La Fenice di Venezia. Aldo Rossi ha disegnato oggetti destinati a diventare icone del ‘900.

Importanti manifatture commissionano a Rossi molti design di arredamento e accessori, che fanno spesso riferimento ai suoi progetti edili. Pezzi degni di nota sono il bollitore Conical (1984) e La Cupola Espresso Maker (1988) per Alessi, le sedie Teatro (1983) e Milan per Molteni, e il divano Parigi Sofa (1989) per Unifor.

La caffettiera La Cupola di Alessi è un perfetto esempio e riassunto del suo pensiero: avvicinare i canoni dell'architettura moderna alla popolazione comune. L’obiettivo era proprio onorare un’azione così nobile e significativa per la cultura italiana come il prendere un caffè.

Lo straordinario insieme delle opere in mostra è per la prima volta riunito grazie alla collaborazione con musei e archivi aziendali (Museo Alessi; Molteni Museum; archivi di Bruno Longoni Atelier d’arredamento e di Up Group), collezioni museali italiane e internazionali (Bonnefanten Museum, Maastricht; Centre Georges Pompidou, Parigi; Fondazione Museo Archivio Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Firenze; MAXXI - Museo delle arti del XXI secolo, Roma; Università Iuav di Venezia; Triennale di Milano) e diverse collezioni private.

Aldo Rossi. Design 1960-1997, a cura di Chiara Spangaro in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, negli spazi al piano terra del Museo del Novecento.